Di Franco Domenico – Agronomo
Per un’azienda vitivinicola, i vigneti sono il tesoro più prezioso.
Non solo perché “il vino si fa vigna”, come piace dire un po’ a tutti.
Ma perché è fra i filari che prende forma l’impronta etica di una cantina: il rispetto per la salute del consumatore, e, ancora più importante perché riguarda anche chi il vino non lo beve, il rispetto per la natura.
Per questo motivo, appena abbiamo preso in mano l’azienda, la prima cosa di cui ci siamo occupati sono stati i vigneti, lasciati all’epoca in uno stato di abbandono.
Questi filari sono la nostra ricchezza, e sistemarli, riportarli in vita è stato il primo passo per riportare la cantina a livelli qualitativi alti.
Sostenibile VS Biologico
Nel mio modo personale di vedere la viticoltura, tutto va fatto con moderazione e misura: qui in Sylla, cerchiamo di avere un approccio all’agricoltura di tipo sostenibile.
Cerchiamo di limitare al massimo l’uso della chimica, sia attraverso l’utilizzo di tecniche e prodotti alternativi, sia tramite l’utilizzo di centraline elettroniche posizionate nei vigneti, che tengono sotto controllo i parametri atmosferici, e ci dicono quando è davvero necessario trattare e quando invece non lo è.
Quando possiamo quindi, utilizziamo tecniche naturali, ma certe volte, io ne sono convinto, è meglio prendere la strada del trattamento sintetico, non solo per salvaguardare il nostro prodotto, ma anche per salvaguardare la salute del consumatore.
In un’annata difficile, piovosa come quella del 2014 chi fa biologico ha magari dovuto fare 25-30 trattamenti con rame e zolfo, che sono prodotti “naturali” e consentiti dalla certificazione Bio… ma che sicuramente non fanno bene all’ecosistema.
E allora mi chiedo dove stia davvero la salvaguardia della salute e dell’ambiente…
Dal mio punto di vista, non credo che si possa rinunciare alla chimica al 100%. E’ possibile però limitarne l’impatto che ha sull’ambiente e sul prodotto finale.
Diserbanti? No grazie.
Abbiamo rinunciato al diserbante ormai da quattro anni e per tenere pulite le vigne usiamo la tecnica del sovescio.
Seminiamo piante leguminose e graminacee che vengono trinciate in fioritura e poi interrate: questo “strato” di materiale biologico svolge anche la funzione di concime naturale, che utilizziamo al posto di quelli chimici, che alla lunga “stancano” e impoveriscono il terreno.
Soprattutto le leguminose favoriscono l’arricchimento del suolo: nelle loro radici si trovano dei batteri che aiutano a fissare l’azoto e che lo mantengono nel terreno, favorendone la fertilizzazione.
Utilizzata già in India migliaia di anni fa, questa tecnica era quasi andata perduta nell’agricoltura occidentale, ed è stata riportata in voga dal movimento Bio negli ultimi anni.
Trattamento contro la Tignola
Anche in campo antiparassitario, cerchiamo di limitare l’uso di pesticidi e insetticidi.
Contro la Tignola, una farfallina che depone le sue uova sugli acini che vengono poi bucati dal bruco che ne nasce, usiamo la tecnica della confusione sessuale.
Posizioniamo degli “spaghetti” di feromoni di femmina di tignola e tignoletta (20% – 80%), circa 600 per ettaro, legati alla vite, solitamente sul perimetro del vigneto. Il maschio viene quindi “confuso” dai segnali inviati dagli spaghetti, e non riesce più a trovare le femmine, interrompendo di fatto il ciclo riproduttivo, che è quello che danneggia la vite.
Eliminando i trattamenti chimici legati alla tignola, non solo produciamo un’uva più sana, ma nel nostro piccolo aiutiamo a salvaguardare l’ecosistema, evitando l’utilizzo di pesticidi che rischiano di uccidere anche altre specie di lepidotteri non dannosi.
Questa è la stessa tecnica che oggi usano importanti produttori come Chiarlo, Gaia e Prunotto, ma siamo stati i primi a introdurla.
Altri Trattamenti
In fioritura si fanno i trattamenti sistemici contro i funghi Oidio, che provocano la necrosi della pianta, Peronospora, che danneggia sia il frutto che la pianta, e Botrite, una muffa grigia che attacca i frutti.
Siamo infine obbligati a trattare contro lo Scafoideo, la cicalina della vite, in quanto vettore della Flavescenza Dorata, una malattia che in Italia è (giustamente) sottoposta a quarantena.
Lavoro in vigna
In inverno si potano le piante, molto severamente per le viti giovani, meno severamente per le vecchie, su cui possiamo lasciare anche 12 gemme.
Gestione del Verde
Ad Aprile si inizia con le spollonature, con cui rimuoviamo i germogli che nascono direttamente sul legno vecchio, alla base del fusto. Vengono eliminati perché non portano uva, ma tolgono energia a quelli che invece producono il frutto.
Proseguiamo poi con la palizzatura, con cui aiutiamo la vite a crescere in modo ordinato, appoggiata ai fili e ai pali di sostegno. Subito dopo inizia la cimatura, tagliamo cioè la punta terminale dei tralci e delle femminelle, in modo da contenere l’eccessiva crescita della vegetazione e favorire la crescita di nuove foglie giovani.
Infine, come ultima “tappa” nella gestione della parte verde della pianta, facciamo la sfeminnellatura, con cui togliamo i getti laterali dei tralci: la quantità di verde eliminato cambia a seconda dell’esposizione e della vigorìa della pianta, e tendenzialmente chiudiamo i lavori entro la fine di Giugno.
Diradamenti & Vendemmia
Se vai a spasso per le vigne verso Settembre, quando le uve hanno preso colore, noterai sicuramente un gran quantità di grappoli gettati a terra, proprio sotto i tralci.
Quello che vedi è il risultato del diradamento: l’eliminazione parziale dei frutti di una pianta per favorire la crescita e la maturazione di quelli rimasti.
Per portare in cantina un prodotto di prima scelta infatti, con le concentrazioni necessarie per produrre grandi vini, dobbiamo eliminare i grappoli più brutti, in modo che la pianta abbia l’energia e i nutrimenti per far crescere e portare a maturazione completa solo i frutti più belli.
Arriviamo a lasciare anche solo 5-6 grappoli per ogni pianta, con una resa di 50 quintali per ettaro nei filari in cui vogliamo avere un Barolo “cru”.
Mano a mano che le uve maturano, campioniamo il loro ph, e ne valutiamo il grado di maturazione misurandone i contenuti di zucchero.
Solitamente si dice che quando acidità e zucchero smettono di aumentare è arrivata l’ora della vendemmia, ma l’ultima parola tocca sempre al nostro palato: è solo con l’assaggio dell’acino e del vinacciolo (i piccoli semi contenuti negli acini), che decidiamo quando iniziare a raccogliere.
La vendemmia la facciamo a mano, in cassetta, selezionando in fase di raccolta i grappoli più belli, e lasciando sulla pianta quelli più brutti.
Una volta arrivata in cantina, l’uva passa una seconda fase di selezione su nastro vibrante.
Qui finisce il mio lavoro e la palla passa a Luca Caramellino, il nostro Enologo, che si prenderà in carico i frutti del mio lavoro, e che ne seguirà tutta la trasformazione, fino ad arrivare alla bottiglia.