Lo scasso della vigna mostra le Marne di Sant’Agata
Un suolo miracoloso per il vitigno Nebbiolo
Nuovo vigneto in San Pietro di Barolo
Per chi ama le vigne è sempre uno choc il momento del reimpianto di un nuovo vigneto perché la prima fase di tale intervento è quella dello scasso. Pertanto tutte le piante vengono estirpate e quella che era una bellissima collina di armoniosi filari si riduce ad un ammasso di terra.
Ma è un’operazione necessaria e consente anche di capire meglio le preziose qualità pedologiche del terreno, in particolare quello di Langa e delle zone del periodo geologico Tortoniano che è famoso in tutto il mondo per le Marne di Sant’Agata, e, nel caso di specie, quello della Menzione Geografica Aggiuntiva San Pietro delle Viole di Barolo. Una sottozona mappata dai disciplinari della Docg Barolo quale area di eccellenza per la coltivazione del Nebbiolo da Barolo. In tale area Cru la cantina Sylla Sebaste possiede circa un ettaro di superficie vitata, suddivisa a metà tra il vecchio impianto risalente a oltre 70 anni fa ed il nuovo con ceppi impiantati 13 anni orsono.
La vetustà delle piante, la ridotta capacità produttiva e la fragilità delle radici in un terreno sabbioso e friabile, quindi soggetto al rischio di affossamenti, ne ha reso necessario il reimpianto con uno scasso totale della parte dei filari di viti più vecchie.
I benefici dello scasso totale
Lo scasso totale prima dell’impianto è una pratica che si è sviluppata in modo generale solo dopo la ricostituzione post-fillosserica. Lo scasso tradizionale consiste in una lavorazione profonda del terreno che sovente raggiunge il metro di profondità, specie nei terreni più argillosi. Questa pratica agronomica consente di smuovere il terreno negli strati profondi, al fine di assicurare un buon sviluppo dell’apparato radicale alle giovani piante, e di ottenere il miglioramento, in senso generale, delle condizioni di ossigenazione e idriche. Quanto sopra consente alle viti un’entrata in produzione più precoce e di assumere una configurazione morfologica favorevole alla loro longevità.
Peculiarità e qualità delle marne di Sant’Agata
I terreni dell’Epoca del Miocene e del “piano” cronologico definito Tortoniano hanno una conformazione pedologica risalente a circa 12 milioni di anni fa, sono prevalentemente composti da marne argillo-calcaree sedimentarie, intercalate da strati di marne più o meno importanti e compatte di colore grigio-azzurro dette Marne di sant’Agata, costituite localmente con il termine di Tov e costituite dal 30% di sabbia, 55% di argilla e 15% di calcare in percentuali ovviamente variabili da collina a collina. Esse sono sedimentazioni del sottosuolo marino del Mare Padano che ha sommerso l’intera Langa fino a 5 milioni di anni fa (Miocene).
Come si può ben vedere nelle immagini si alternano zolle compatte di colore tendente all’arancione per la presenza maggiore di argilla ad altre di coloro grigio-azzurro che sono quelle più marnose (ovvero con una percentuale più equilibrata tra calcare-argilla). Accanto ad esse si può notare un terreno più polveroso e meno compatto, dove è maggiore la concentrazione di sabbia. Nel corso dello scasso è stata anche rilevata la presenza di residui gessosi che contribuiscono ad arricchire la varietà pedologica del terreno.
Sabbie finissime per tannini eleganti
La presenza di sabbia finissima (e non cementata nel calcare come in altre zone della Langa del Barolo) è una caratteristica assai diffusa nelle zone ad altitudine più elevata soprattutto sulle colline del versante rivolto a meridione, oriente e sud-est che si stagliano tra Barolo e La Morra.
Il vigneto San Pietro delle Viole si trova proprio nell’estremo confine nord-orientale del comune Barolo, in località Vergne e dinnanzi alla Cappella di San Pietro da cui prende il nome. E’ posizionato ad un’altitudine significativa, superiore ai 400 metri sul livello del mare. In questa microarea le Marne di Sant’Agata sono stratificate insieme a notevoli fascioni di sabbia fine che svolge un’ottima funzione drenante per le radici della vite. E’ infatti bene ricordare che tale pianta predilige i terreni più siccitosi in quanto ha bisogno di acqua soprattutto nei periodi invernali (la neve è l’idratante ottimale perché a rilascio graduale) e primaverili per lo sviluppo delle gemme e dei tralci, molta meno nei periodi estivi per la maturazione della bacca di uva. Questa presenza sabbiosa, probabile residuo delle prime creste emerse nei milioni di anni del ritiro del Mare Padano, determina una eccellente maturazione dei vinaccioli che contengono, ancor più della buccia, la percentuale più alta dei tannini. Ciò determina un tannino più morbido, elegante, fine e profumato nell’uva Nebbiolo che ha consentito al Barolo, ottenuto dopo l’affinamento di quattro anni, di essere apprezzato come uno dei vini migliori del mondo.